I MODELLI DELLE AFFETTATRICI BERKEL NEL TEMPO
La bella del salumaio
Abbiamo visto numerosi modelli delle affettatrici Berkel, in occasione dell’ultima edizione di “7.8 Novecento”, nel Quartiere Fieristico di Modena. Nella loro rossa aggressività sono affascinanti, proprio come le Ferrari che sfrecciano rombando, negli autodromi di tutto il mondo,
Questi prodotti si caratterizzano per un leggero sibilo: orgoglio e marchio distintivo di ogni dignità di salumaio.
Il primo modello nacque nel 1898 a Rotterdam, per mano di un macellaio che era stufo di tagliare la carne a mano col coltello. Un paese che in fatto di tagliatori e metodi di taglio dava dei punti a tutti e non aveva niente da imparare da nessuno.
Il primo esemplare era forse un po’ rudimentale, era attivato da una manovella simile alla messa in moto delle prime automobili. Successivamente il signor Wilhelmus Berkel ha smesso di tagliare carne per dedicarsi esclusivamente alla fabbricazione e alla vendita delle sue affettatrici. Quale inventore, progettista, meccanico, amministratore, le brevettò.
Nello stesso 1898 compare sul mercato il modello A in 76 esemplari, 3 esemplari del modello B e i cinque del modello C, che per primo inalberava il volano divenuto nel tempo una caratteristica inalienabile.
La diffidenza dei salumai
Dapprincipio, volano o non volano, l’affettatrice del signor Berkel ha incontrato solo la diffidenza di chi vedeva compromessa la sua professionalità di affettatore. Già nel 1903, dopo solo cinque anni, le affettatrici vendute in Olanda erano ben seicento e si apprestavano a varcare tutti i confini terracquei.
Le tappe di produzione si contano attraverso i modelli monumentali, rigorosamente manovrati a mano con un volano variamente decorato e marchiato. Secondo alcuni osservatori assomiglia straordinariamente al motore del “Falcone” Guzzi del dopoguerra.
I modelli delle affettatrici Berkel perfezionarono la linea, la sicurezza e la facilità di pulizia, fino al 1985. Dopo tale data Berkel cede all’esigenza del mercato che vuole affettatrici elettriche.
Anche se il vero intenditore vorrebbe sempre il suo salume affettato con la Berkel a mano poichè sostiene: “la lama manovrata con il movimento impresso dalla mano non gira forte e non scalda il prosciutto così che non viene danneggiato nel suo sapore naturale”.
E così da quella data i modelli a mano sono diventati ancora più pregiati e sempre perfettamente funzionanti. Tali prodotti rappresentano delle vere chicche per i collezionisti, tra i quali si contano Luciano Benetton, la signora Tanzi, lo stilista Roberto Cavalli, forse fra tutti il più appassionato, e il Peck, centenario tempio della gastronomia meneghina.
Quali sono i modelli presenti nella mostra?
In mostra ne abbiamo contate una quarantina: belle, lucide, pompose nei balunginii metallici dell’acciaio e delle cromature. Le affettatrici Berkel sono valorizzate dal ripiano di vetro opalino bianco, maestose sulla base di ghisa a colonna.
Sono baldanzose quelle da banco, fiere della decalcomania del marchio che, pur variando di forma, di colore e di segno, ne onorano sempre la “carrozzeria”.
Fra questi il modello C di cui sopra, il modello L del 1906, il modello R del 1914, i modelli 20 e 21 costruiti apposta per il mercato inglese con il carrello più lungo di sette centimetri per poter adagiare più confortevolmente il bacon nazionale.
Il morsetto “ultima fetta” creato per non sprecare nulla del prosciutto e salvaguardare le dita che, Berkel o non Berkel, sono, sempre in pericolo.